Perché risalire al tibetano (e al sanscrito)
Fra i testi tibetani reperibili in italiano, la maggior parte è oggi rappresentata da traduzioni di precedenti versioni inglesi. Al di là dei problemi inevitabili che la doppia traduzione comporta, è sempre auspicabile che la distanza tra un testo e la sua traduzione sia la più breve possibile. In particolare, quando si cerca di trovare la migliore e più precisa corrispondenza – concettuale, dottrinale e semantica – fra lingue così diverse, profondamente legate a orizzonti culturali quasi del tutto privi di somiglianza, relazione o parentela come il tibetano e le lingue occidentali in genere, è assai importante travasare l’originale nella nuova lingua prestando attenzione a che i contenuti e il pregio letterario dell’originale possano, per così dire, adornarsi della nuova lingua risultando accurati, piacevoli ed eleganti. Le lingue sono lo strumento attraverso cui le tradizioni, le culture e le formae mentis si manifestano, diventano comunicabili e trasmissibili; sono la sostanza attraverso cui le menti assumono una forma manifesta. Pertanto è cruciale per il traduttore trovare nel bagaglio culturale espresso nella lingua verso cui traduce una terminologia quanto più possibile aderente all’originale, cercando tuttavia di evitare il ricorso a termini che evochino aspetti religiosi e dottrinali troppo radicati nella cultura di destinazione, introducendo così nel testo ordini di idee che non gli appartengano.
Bhusuku propone nuove traduzioni – svolte rigorosamente a partire dal tibetano – di testi provenienti da tutte le Scuole e correnti dottrinali del Paese delle nevi, cercando di fornire una rappresentazione, quanto più possibile completa e priva di pregiudizio, dei vari approcci al problema dell’affrancamento dall’esistenza condizionata e della Liberazione, sorti allo scopo di fornire a ciascuno, secondo le caratteristiche individuali, gli strumenti più efficaci per porli in atto.

Tra i principi che ispirano il nostro lavoro, vi è quello di dar vita a opere che non siano fruibili soltanto sul piano della lettura, ma che costituiscano anche materiali didattici e di ricerca polivalenti, al fine di offrire a chi lo desideri strumenti efficaci per avvicinarsi alla terminologia, alla sintassi e alle strutture espressive dei testi in lingua originale. Per far questo, in sede di pubblicazioni, preferiamo includere il testo originale a fronte. Per quanto ciò comporti degli oneri aggiuntivi e appesantisca un po’ la dimensione dei volumi, siamo certi che la sua presenza possa favorire — per chi conosca almeno le regole di lettura della lingua tibetana o a maggior ragione per chi ne sia esperto — il confronto con il testo originale, a partire dalla terminologia fino alla grammatica e alla sintassi. Questo consente al lettore di identificare e valutare le scelte terminologiche, in particolare per il repertorio di termini tecnici e le rispettive applicazioni ai diversi contesti dottrinali. Infatti, una delle maggiori difficoltà che si presentano allo studente della lingua tibetana del dharma è rappresentato proprio dalla flessibilità e adattabilità dei termini al contesto: la subordinazione del linguaggio alla prospettiva dottrinale.
Anche l’importanza di risalire, almeno per i concetti più importanti, agli originali sanscriti non è poi da trascurarsi. In molti casi infatti la lingua tibetana del dharma presente un lessico assai tecnico e al contempo caratterizzato da un’elevata polisemia: in altre parole, i suoi termini hanno talvolta un significato così specifico, o vice-versa una tale varietà di possibili letture, che nessuna delle parole della lingua italiana si presterebbe a renderne la complessità. In questi casi riteniamo preferibile restituire al lettore il termine originale sanscrito in tutta la sua ricchezza, avendo comunque cura di riportare in nota eventuali elementi utili alla comprensione.
La trilogia dedicata al lojong
Il primo lavoro di traduzione condiviso dal gruppo Bhusuku è la trilogia dedicata al lojong (addestramento mentale), il cui primo volume è stato pubblicato nel luglio 2022 per i tipi di Nalanda Edizioni.
Oltre a una selezione di testi e commentari classici in versi e in prosa, include alcuni contributi di autori e Maestri contemporanei. La scelta di partire proprio da questo genere letterario riflette lo spirito ecumenico e pluralista a cui si ispira il nostro lavoro: infatti, seppure in senso stretto i testi di lojong siano principalmente associati alla tradizione kadam, e in special modo cari alla scuola gelug, considerando il concetto di ‘addestramento mentale’ in un senso appena un po’ più ampio, si può senz’altro affermare che ogni scuola del buddhismo tibetano abbia prodotto i propri lojong, differenti nelle sfumature ma assimilabili in quanto a struttura, stile e contenuti. Dunque, nel loro complesso, i volumi di questa raccolta intendono al contempo dare saggio di tale varietà, includendo testi afferenti a tutte le principali scuole tibetane e al contempo offrire testimonianza della fondamentale affinità e convergenza dell’insegnamento tramandato da ciascuna di esse.
In particolare, il primo volume contiene: La ghirlanda di gioielli dei bodhisattva di Atiśa Dīpaṃkara; L’addestramento mentale in otto sessioni di Dromtönpa; L’addestramento mentale in otto stanze di Geshe Langri Thangpa; il commentario di Geshe Chekawa Yeshe Dorje allo stesso e L’addestramento mentale in sette punti di quest’ultimo autore, accompagnato dai due commentari a opera di Se Chilbu Chökyi Gyaltsen e Thogme Sangpo. Quanto ai contributi contemporanei, il volume riporta in appendice la trascrizione di un’intervista inedita a Thupten Jinpa il quale, oltre ad aver curato la più vasta raccolta di lojong finora pubblicata in lingua inglese, ha anche contribuito alla creazione di training finalizzati all’applicazione degli insegnamenti classicamente contenuti in questo genere letterario nel contesto culturale laico contemporaneo.

Nei successivi volumi troveranno posti due celebri testi di lojong di Dharmarakṣita: Il pavone che distrugge il veleno e La ruota delle armi taglienti, quest’ultimo corredato da un commentario inedito redatto da un Maestro contemporaneo particolarmente importante per la diffusione del dharma nel nostro Paese, il Venerabile Geshe Jampa Gyatso.
La raccolta includerà anche una miscellanea di opere riconducibili a svariati lignaggi e tradizioni che, pur eccedendo in taluni casi i confini più stretti del genere letterario del lojong, possono senza dubbio esservi assimilati. Il primo nucleo di testi, cari soprattutto alla scuola sakya, sarà costituito da una serie di commenti ai quattro celebri versi che, secondo il racconto tradizionale, Sachen Kunga Nyingpo ricevette direttamente dal bodhisattva Mañjuśrī, noti come Separarsi dai quattro attaccamenti; in particolare, figureranno in questo contesto testi di Jetsün Dragpa Gyaltsen, Sakya Paṇḍita Kunga Gyaltsen, Nubpa Rigdzin Drag, Gorampa e infine dello stesso Chöden Rinpoche, un importante Maestro contemporaneo di tradizione gelug.
Il secondo nucleo raccoglierà invece una serie di opere del genere lamkhyer (‘portare sul Sentiero’): Portare sul Sentiero la malattia e altre circostanze di Thogme Sangpo, Portare gioia e sofferenza sul Sentiero di Dodrubchen Jigme Tenpe Nyima, L’addestramento mentale per portare gioia e sofferenza sul Sentiero, da alcuni attribuito a Trophu Lotsāwa Jampa Pal e, di autore ignoto, Assumere le afflizioni mentali come Sentiero.
Infine, questa serie dedicata al lojong conterrà anche L’addestramento mentale di Virupa di Lo Lotsawa, un testo apprezzato nella tradizione sakya, L’istruzione di Yanggönpa, dell’omonimo autore – un Maestro non settario ante litteram, ma incline alla scuola kagyu -, e alcuni estratti da La scala della Liberazione di Jigme Lingpa, un celebre testo di tradizione nyingma.